2023 – Ottantesimo dall’inizio della Resistenza

OTTANTESIMO DALL’INIZIO
DELLA RESISTENZA
Grosseto, Sala Pegaso 7 settembre 2023
Giovedì 7 Settembre il seminario in Sala Pegaso che apre l’Ottantesimo dall’inizio della Resistenza
Luciana Castellina e Carlo Ricchini ricordano il tentativo di Almirante di cancellare le proprie colpe
Tema centrale le scelte, sia quelle collettive che personali, scaturite con l’Armistizio del settembre 1943 che, in seguito all’occupazione armata nazifascista della penisola, aprì per l’Italia la dolorosa fase di una vera e propria guerra ai civili durata venti mesi, che vedrà la definitiva vittoria della democrazia il 25 aprile del 1945.
Scelte e responsabilità. Questo l’elemento cardine dell’evento pubblico, dal carattere storico, formativo e divulgativo, in programma nel pomeriggio di giovedì 7 settembre presso il Palazzo della Provincia moderato da Luciano G. Calì, Presidente del Comitato Provinciale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, con il contributo dello storico e giornalista Davide Conti, autore di importanti saggi sul fascismo e l’uso strumentale della storia, insieme allo scrittore e ricercatore Massimo Recchioni, coautore del libro “L’avrai camerata Almirante la via che pretendi da noi italiani”, vero e proprio memoriale sul processo per diffamazione intentato da Almirante contro i direttori responsabili de Il Manifesto e de l’Unità.
Almirante attaccò duramente i due giornali. Negò le sue colpe per anni, sostenne che quel manifesto era un falso, cercò persino di posticipare l’inizio del suo lavoro come capo di gabinetto del ministro Mezzasoma e tentò ogni escamotage per rallentare il processo. Il giudice Vittorio Occorsio fu uno dei magistrati che seguì con attenzione le testimonianze degli imputati e valutò con oggettività le prove portate in aula. Qualche anno dopo quel magistrato, che aveva seguito anche il processo per la strage di Piazza Fontana, fu assassinato dai terroristi fascisti. Alla fine Almirante, dopo anni di processo, dovette soccombere davanti alle testimonianze e alle prove che lo inchiodavano. Carlo Ricchini e Luciana Castellina furono infatti assolti. Il lungo percorso finì dopo sette anni con l’interessamento della Cassazione. Nel 1978 Ricchini fu dichiarato non punibile ed Almirante fu condannato al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni.
«Il mio amore per la Maremma è nato nel lontano 1971 – ricorda Carlo Ricchini – quando inseguii le prove dell’esistenza del manifesto della morte, firmato Almirante, affisso sui muri di molti Comuni della Provincia. La decisione del Comune di Grosseto di intitolargli una strada non soltanto è vergognosa, è antistorica. Nonostante la vittoria in cassazione con l’Unità decidemmo di non chiedere mai i danni, non volevamo nemmeno una lira da Almirante. Era sufficiente aver dimostrato il ruolo svolto dal segretario missino durante la guerra, dimostrando che era sua quella firma su un bando in cui si minacciava la fucilazione alla schiena dei partigiani. Bastava aver reso giustizia a coloro che furono uccisi, come avvenne per la strage di Niccioleta, a Massa Marittima, dove il 13 e il 14 giugno, proprio dopo la diffusione di quel bando, fu decisa dai nazisti e dai fascisti la fine di ottantatré minatori accusati di collaborazione con i “banditi partigiani”».
Poche e lucide parole necessarie per conoscere chi è stato Giorgio Almirante e perché è giusto ricordare che cosa ha fatto. Da qui l’impegno del Comitato Provinciale “Norma Parenti” dell’ANPI nel contribuire a riscoprire le scelte coraggiose compiute da giovani donne e uomini, spesso pagate con la propria vita.
«Anche oggi bisognerebbe dare alla gioventù la possibilità di essere protagonista ed artefice della politica – spiega Luciana Castellina – come fece Togliatti, di cui oggi si parla troppo poco. Egli ebbe il coraggio di fare una scelta rischiosa, decise di lasciare il partito ai giovani del tempo, che non sapevano minimamente cosa fosse l’antifascismo. Aveva compreso che solo chi aveva vissuto il fascismo avrebbe potuto ricoprire quel ruolo. Uno di quei giovani, nonostante provenisse da esperienze di destra, fu Rocco Ventre che divenne poi mio avvocato quando fui denunciata da Giorgio Almirante per calunnia per la pubblicazione del famoso manifesto in cui venivano condannati alla fucilazione i renitenti alla leva della Repubblica di Salò».
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